Ciao!
ieri Don. F. una persona davvero impegnata nell’insegnamento, mi ha chiesto:”dove posso inparare l’ipnosi?”
Beh, insomma..la risposta l’ho trovata oggi!
Oggi infatti ho finito la mia esperienza con R., che chiamerò Rino, un bambino di 13 anni , autistico.
Sono due anni che lavoriamo insieme, altre due persone prima di me non se la sentivano di aiutarlo, infatti Rino non parla e nonostante la sua età è alto e forte come un adulto.
Se poi mettiamo in conto il fatto che all’improvviso può morderti lasciandoti lividi notevoli.. e ne so qualcosa..
Insomma lo devo solo ringraziare!
Il titolo del post è un ringraziamento che va a Rino e alla sua famiglia da cui ho imparato moltissimo rispetto alla differenza tra tecnica e cuore.
All’inizio della nostra esperienza infatti ho provato tantissime tecniche come il rispecchiamento, il rispecchiamento incrociato etc..ma nulla..
Quello che aveva una logica nella comunicazione verbale e non verbale non aveva presa nel mondo di un bambino autistico..
Parlare e dare delle indicazioni lo agitava e basta, il supporto psicologico che lo seguiva usava un sistema di “premi e punizioni“, tipico della terapia cognitiva, ma Rino continuava ad essere sempre agitato, mordeva gli altri , mordeva i suoi genitori e mordeva se stesso..
Poi un ricordo mi ha aiutato, il ricordo della famosa intervista di Erickson, dove lui stesso dice che al di là della tecnica è l’interesse verso la persona che trova la tecnica non il contrario, l’insegnamento fondamentale, di andare al di là del limite tecnico e della paura che ci limita, e così mi sono “connesso” a Rino.
Tutti lo evitavano quando iniziava a andare in escandescenze allontanandolo, e lui si caricava di rabbia ancora di più, magari mordendosi con forza..
Ormasi stanco di riflettere ho iniziato a fare l’unica cosa che potesse avere un senso, avvicinarlo, tenermelo viecino proprio nel momento in cui iniziava ad avere delle crisi.
Con fermezza e senza agitarmi..e lui si fermava tranquillizato da una presenza serena e rassicurante..niente più morsi..ne per se ne per gli altri..
All’inizio non ci credevamo eravamo solo sorpresi e contenti..
Poi anche a scuola hanno iniziato a chiedere cosa avevamo fatto ..
Da li abbiamo usato degli ancoraggi visivi(un interruttore emotivo) ogni qualvolta c’era bisogno di calmarlo e anche sua madre ha imparato a tranquillizarlo senza farsi più mordere contenedo la sua rabbia.
Anche adesso che sta frequentando i campi estivi gli educatori hanno uno strumento per farlo stare bene, forse come gli altri bambini o forse meglio o forse solo “diversamente”, ma comunque bene.
Quindi Don. F., la risposta alla tua domanda è che non c’è nessuna scuola che ti può davvero formare, solo gli strumenti, l’esperienza e la voglia di aiutare qualcuno a stare bene..
Ciao,
Manuel
Puoi votare le mie notizie anche in questa pagina.
oltre alle tecniche e allo studio, di certo fondamentali, la parola che io cerco di non dimenticare mai è “cura”….”prendersi cura di”…nel mio lavoro e nel privato.
Forse vi siete semplicemente “presi cura”l’uno dell’altro..bella esperienza
Grazie Barbara!
Esattamente, ci siamo presi cura l’uno dell’altro.
Anche la parola fiducia, nel senso di con-fidare(avere fede/fiducia) nell’altro rientra in questo post.
Molto spesso le persone credono di non avere risorse e il nostro lavoro è aiutarli con-fidando che in loro che queste risorse ci siano davvero.
Ciao
Manuel
ti faccio i miei complimenti!
Grazie per i vostri commenti!!!!
Ho visto il video del ghepardo e poi ho letto fino ad arrivare alla storia di Rino.. mi ha commosso.. ed è un bella “testimonianza” di come tra esseri umani si può sempre trovare il modo di arrivare al cuore.. e così aiutare chi sta male perchè non è compreso..
ho fatto bene a venire sul tuo blog ;)!
Grazie Matteo,
credo che sia proprio così.
Credo che ci sia bisogno di lasciare entrare persone di qualità nella propria vita, che mentre le aiuti ti aiutano a capire il senso profondo di quello che fai.
Che ti aiutano a ricordare perchè hai scelto questa professione
Ciao
Manuel