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autoipnosi

Ciao,

Cosa c’entrano l’ipnosi e l’autoipnosi con Carl Jung?

Forse conosci il nome di Jung in quanto fondatore della psicologia analitica ma forse non sai che Jung è stato un grande ipnotista e precursore dell’auto-ipnosi.

“Nel 1905 conseguii la docenza in psichiatria e lo stesso anno fui nominato primario della cinica psichiatrica dell’ Università di Zurigo..durante i primi semestri le mie lezioni concernevano principalmente l’ipnosi..” (C.G. Jung “Ricordi, sogni, riflessioni ed.Bur 1992)

In molti sanno che Jung era considerato il “delfino” di Freud o se vogliamo quello che sarebbe diventato il successsore di Freud nel movimento psicanalitico tanto che Freud stesso gli chiese di recarsi in America con lui e tenere una serie di conferenze alla Clark University.

jung e freudNel viaggio in nave i due iniziarono a conoscersi meglio e ad analizzare i rispettivi sogni e mentre Freud chiedeva a Jung di aprirsi e lasciarglieli analizzare lui non era però così propenso a lasciare che Jung analizzasse i suoi..

E questo a Jung forse non andava tanto giù..

Da lì le prime divergenze che portarono poi alla separazione.. Qualcosa che in pochissimi sanno è che Jung ha iniziato il suo percorso grazie all’incontro con una medium.. sua cugina Helene Preiswerk.

heleneHelene invitava Jung a partecipare alle sue “sedute spiritiche” dove manifestava quelli che oggi sappiamo essere fenomeni spontanei che avvengono nella trance ipnotica. Per quei tempi non era chiaro cosa accadesse in ipnosi e così la trance ipnotica e le sedute di ipnosi regressiva venivano attribuiti poteri mistici, la trance sonnambulica e le altre manifestazioni associate attiravano curiosi che attribuivano le capacità di Helene a poteri sovrannaturali.

Arriva l’autoipnosi..

freudFreud abbandonò presto l’ipnosi perchè per sua stessa ammissione non ne era capace di usarla, una tecnica “capricciosa”come lui stesso dice chiaramente nella seconda delle cinque conferenze sulla psicanalisi alla Clark University di Worchester, Massachusetts nel settembre del 1909:

"quando feci l'esperienza che nonostante tutti i miei sforzi non mi riusciva di trasferire lo stato ipnotico a più di una piccolissima parte dei miei malati, 
decisi di rinunciare all'ipnosi.."

Jung invece vi dedicò 6 anni della sua vita dal 1913 al 1919.

Si chiuse in casa iniziando a praticare degli “esercizi” che avevano lo scopo di provocare l’emergere di immagini dall’inconscio e creare in lui un’ “attivazione emotiva” che gli permettesse di entrare in contatto con quelle parti di sé rimaste in ombra e recuperare così abilità e risorse inconsce.

Jung lavorava per provocare l’emergere delle immagini inconsce e nel suscitare la loro irruzione nella coscienza attraverso due tecniche principali:

  1. il contenuto dei suoi sogni;
  2. il racconto di storie creative.

Jung descrive questo percorso che adesso sappiamo essere in realtà un percorso di auto-ipnosi come un viaggio all’interno del suo inconscio, un percorso che lo portò dall’avere un carattere estremamente introverso allo sviluppare un’estrema estroversione con un conseguente “senso di sollievo e libertà“.

Jung era anche uno studioso di filosofia orientale, praticava la meditazione ed era uno studioso del Tao te Ching.

Per chiudere questo post mi piacerebbe condividere con te tre frasi tratte da questo libro che lui conosceva così bene.

"Colui che conosce gli altri è sapiente;  
Colui che conosce se stesso è illuminato.
Colui che vince un altro è potente; colui che vince se stesso è forte.
Colui che agisce con forza ha risolutezza;  
colui che sa soddisfarsi è ricco."

Ciao,

Dottor Mauri

Ciao,

Qual’è la differenza tra ipnosi e autoipnosi?

E’ possibile imparare l’autoipnosi per smettere di fumare o per dimagrire?

Puoi insegnarmi ad auto-ipnotizzarmiper combattere l’insonnia?

Questo è quello che le persone mi chiedono sapendo che utilizzo strategie ipnotiche brevi nella consulenza psicologica.

Da qualche mese sto facendo una ricerca presso un famoso ospedale di Milano dove, con una serie di sedute a cadenza settimanale, utilizzo l’ipnosi per aiutare le persone a migliorare la propria autostima.

Capita durante le sedute che alcune persone mi chiedano se esistono dei modi per utilizzare l’ipnosi in modo autonomo, senza bisogno di dover venire in ospedale o in studio e, se è possibile insegnarglielo.

In altre parole quello mi chiedono è di imparare ad auto-ipnotizzarsi per cambiare i pensieri e i comportamenti che ritengono dannosi o dai quali si vogliono liberare.

A mio parere questo non solo è positivo ma significa sopratutto prendere la responsabilità della propria salute ed essere liberi di imparare a utilizzare la propria mente per migliorare se stessi.

Di fatti come avrò modo di approfondire nei post che seguiranno vorrei condividere con te le basi dell’auto-ipnosi ed in particolare dell’Autoipnosi Ericksoniana.
Credo che conoscere queste tecniche e la loro storia possa aiutarti ad essere maggiormente consapevole delle tue risorse e di come sfruttarle al meglio per aumentare il tuo benessere.

Segui da ora i miei prossimi post in modo da non perderti nulla..
Ciao
Manuel

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UN ESERCIZIO PER AUMENTARE IL PROPRIO BENESSERE CON L’AUTOIPNOSI

Quando si parla di autoipnosi solitamente le persone credono di dover fare chissà quali complicate procedure per accedere ad uno stato di autoipnosi, alcuni credono addirittura di non poter entrare in autoipnosi.

In realtà basta osservarsi con maggior attenzione.

Per imparare ad accrescere il proprio benessere il primo passo è proprio quello di iniziare a riconoscere quelle immagini che creiamo automaticamente quando ci sentiamo sicuri; cosa vediamo di noi, quali attività visualizziamo spontaneamente, come ci vediamo mentre ci muoviamo fiduciosi nelle relazioni con gli altri.

Successivamente imparare ad ascoltare quello che spontaneamente ci diciamo quando ci sentiamo sicuri e pieni di fiducia in noi stessi, le parole e l’enfasi che mettiamo nel ripetercele dentro la nostra testa.

In ultimo possiamo prestare attenzione alle nostre sensazioni; quali segnali ci invia il nostro corpo sotto forma di sensazioni quando siamo sicuri e proviamo fiducia in noi stessi, com’è la nostra postura, come si muove il nostro corpo quando ci muoviamo sicuri nel mondo.

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BENESSERE PSICOLOGICO ED AUTOIPNOSI

Che accada a tutti noi di entrare ed uscire da stati di coscienza modificati non è un presupposto sufficiente a migliorarci, bisogna anche sapere come utilizzare questi stati per accedere alle nostre risorse.

Molto spesso infatti non saper come riconoscere ed utilizzare questi stati modificati di coscienza può essere dannoso per il nostro benessere.

AUTO IPNOSI NEGATIVA

Un esempio molto comune riguarda l’ansia.

Molto spesso le persone vivono intere giornate in preda a stati d’ansia che in buona parte creano ipnoticamente da soli.

Iniziano a pensare ad un impegno o ad un appuntamento che avranno nel pomeriggio e sistematicamente generano immagini, parole e sensazioni che li portano in uno stato di coscienza modificato.

UN ESEMPIO PRATICO

Il mio primo esame universitario l’ho preparato con un amico, Paolo.

Ci trovavamo a studiare in biblioteca per preparare l’esame di biologia e la nostra preparazione era pressoché identica. In treno ci siamo messi a ripassare ma Paolo ha iniziato inconsapevolmente ad utilizzare una forma di autoipnosi negativa.

Ha iniziato a vedersi all’esame impreparato, nella sua immaginazione il professore gli chiedeva qualcosa che lui non sapeva, e lui a quel punto iniziava ad andare in ansia, un ansia così forte da mescolare i suoi pensieri e mandarlo in confusione e non riuscire a rispondere.

All’esame mi ricordo ancora la domanda del professore, i mitocondri, lui la sapeva perché l’abbiamo ripassata proprio qualche ora prima in treno ma come aveva programmato inconsapevolmente nella sua testa è andato in confusione tanto da non riuscire nemmeno a ricordarsi di sapere la risposta.

Ha creato una trance ipnotica negativa.

AUTOIPNOSI POSITIVA

Chiaramente l’autoipnosi può essere utilizzata non solo come limitazione (autoipnosi negativa) ma anche per accedere alle nostre risorse inconsce (autoipnosi positiva).

Questo accade ogni qualvolta utilizziamo le immagini, le parole e le sensazioni per agire con maggior fiducia nel mondo esterno.

Un‘ esempio comune a molti è quello che accade quando valutiamo di essere molto competenti in qualcosa che facciamo bene e ci piace.

In questo caso le immagini interne che creiamo nella nostra mente ci fanno vedere sicuri e fiduciosi nello svolgere quell’attività, automaticamente ci diciamo che possiamo farcela ed agiamo muovendoci con la sensazione di sentirci sicuri di noi stessi.

Molto spesso le persone mi chiedono la diferenza tra ipnosi e autoipnosi.

L’utilizzo dell’ipnosi viene solitamente inteso nelle sue applicazioni cliniche in quanto una forma di terapia breve, e normalmente viene associata alla terapia che utilizza l’ipnosi al fine di aiutare il paziente a superare i suoi problemi.

In realtà questa tecnica, risulta rapida ed efficace anche nel campo del benessere psicologico.

Le applicazioni dell’ipnosi nel campo del benessere psicologico e dello sviluppo personale hanno una vasta applicazione;

sviluppare l’autostima;

gestire lo stress;

gestire meglio il tempo;

migliorare la comunicazione interna (con se stessi) ed esterna (con gli altri) imparando ad essere maggiormente incisivi e a creare un clima relazionale migliore;

vivere lontani dall’ansia.

PERCHÉ L’IPNOSI?

Come ho scritto già in altri articoli l’ipnosi non è altro che uno stato modificato di coscienza, un’esperienza comune a tutti gli esseri umani (Haley, 1978).

Hai mai fatto l’esperienza di guidare l’auto ed essere sospeso nei tuoi pensieri?

Nonostante ciò non dormivi ma eri attento, sei arrivato a destinazione non essendo consapevole di tutta la strada percorsa, la tua attenzione era rivolta all’interno di te mentre la tua parte consapevole si occupava di farti cambiare le marce e seguire la strada giusta.

Oppure, sei stato al cinema e hai visto un film particolarmente emozionante?

Hai riso o ti sei commosso vivendo quello che accadeva al personaggio come se tu stesso lo stessi vivendo in prima persona?

Molti pensano che l’ipnosi sia qualcosa di oscuro o astruso mentre invece come vedi è qualcosa che proviamo quotidianamente.

Sapendo che tutti noi siamo predisposti ad entrare ed uscire da stati modificati di coscienza (trance), come possiamo utilizzare questa nostra caratteristica per migliorare noi stessi?

Tempo fa leggevo un articolo relativo al compito dello psicoterapeuta in terapia e del cosa il paziente cerchi quando si rivolge a noi.

L’articolo diceva che il paziente richiede al terapeuta tre cose:

  1. La speranza di poter stare bene;
  2. Poter desiderare che stare bene sia possibile anche per lui;
  3. Trovare le risorse dentro di se per realizzare tutto questo.

A parte rari casi, le persone che vedo solitamente in seduta sono effettivamente carenti di queste componenti, hanno già passato terapie lunghe e costose oppure a volte vengono perché portati da altri(che di solito sono quelli che hanno il reale bisogno di aiuto..).

Molto spesso uso racconti, aneddoti, esperienze personali, prescrizioni paradossali etc..(dipende da caso a caso e da persona a persona) per produrre un cambiamento.

In questo caso l’aneddoto che voglio raccontarti proviene da un dialogo tra E.Rossi e M.H.Erickson e racconta l’esperienza che Erickson fece lottando contro la poliomielite all’età di diciassette anni (il secondo attacco lo ebbe all’età di 51 anni).

Nel seguente dialogo Erickson sì ricorda quella crisi della sua vita, e la propria esperienza di uno stato percettivo alterato, che successivamente riconobbe essere una sorta di autoipnosi.

Erickson la malattia e l’Autoipnosi

 

letto-erickso-miltonE: Quella sera, dal mio letto, udii per caso i tre medici dire ai miei genitori, nella stanza accanto, che il loro ragazzo non sarebbe arrivato al mattino.

Divenni furibondo all’idea che qualcuno potesse dire a una madre che il figlio sarebbe morto entro il mattino.

Poi mia madre entrò con l’espressione più serena che le riuscì di prendere.

Le chiesi di spostare il comò, spingendolo d’angolo contro il lato del letto.

Lei non capiva perché; pensava che stessi delirando.

Parlavo con difficoltà. Ma in quell’angolo, grazie allo specchio che sormontava il comò, riuscivo a vedere attraverso la porta e la finestra di ponente dell’altra stanza.

Non volevo a ogni costo morire senza aver visto un’ultima volta il tramonto.

Se avessi qualche attitudine al disegno, potrei ancora disegnarlo.

R: La tua rabbia e la tua voglia di vedere un altro tramonto sono state un modo di mantenerti vivo in quel giorno critico nonostante le previsioni dei medici. Ma perché la chiami un’esperienza autoipnotica?

E: Vedevo quel vasto tramonto che copriva interamente il cielo. Sapevo però che fuori della finestra c’era anche un albero, ma lo avevo escluso.

R: Lo avevi escluso? Si trattava di quella percezione selettiva che ti permette di dire che eri in uno stato alterato?

E: Sì, non lo facevo consciamente. Vedevo tutto il tramonto, ma non vedevo né la siepe né la grande roccia rotonda che c’erano.

Avevo escluso tutto, meno il tramonto.


tramonto-autoipnosi-strategicaDopo averlo visto rimasi per tre giorni senza coscienza.

Quando tornai in me chiesi a mio padre perché avessero tolto la siepe, l’albero e la roccia.

Non mi rendevo conto d’essere stato io a cancellarli quando avevo fissato tanto intensamente l’attenzione sul tramonto.

In seguito, quando fui guarito e divenni consapevole delle mie condizioni inabilitanti, mi chiesi come avrei fatto a guadagnarmi da vivere.

Avevo già pubblicato un articolo su una rivista agricola nazionale: “Perché i giovani abbandonano la campagna”. Non avevo più le forze necessarie per fare l’agricoltore, ma forse avrei potuto farcela come medico.

R: Diresti che è stata l’intensità della tua esperienza interiore, il tuo spirito e il tuo senso di sfida, a tenerti in vita perché potessi vedere il tramonto?

E: Certo ai pazienti con scarse prospettive diciamo: “Dovreste vivere abbastanza per farlo il mese prossimo. E loro lo fanno.”

(Milton H. Erickson, Opere vol. I, Astrolabio, Roma 1982, pp. 140-141)

Ciao

Manuel

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