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Authors Messaggi di DOTTOR MAURI

DOTTOR MAURI

85 POSTI 232 COMMENTI

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Ciao!

Un articolo che parte da una ricerca inglese sull’uso di cannabis ed i suoi effetti nei consumatori occasionali ed abituali.

Dopo aver letto questo articolo potresti chiederti :

Ma esiste davvero una differenza tra droghe leggere e droghe pesanti?

Anche i ricercatori prendono in considerazione che questa potrebbe essere solo una correlazione tra le diverse che si possono fare..

Ciao

Manuel

Si fanno piu’ forti le voci che in Gran Bretagna chiedono una ‘riclassificazione’ della Cannabis, da cui si ottiene l’hascisc, attualmente depenalizzata,in particolare dopo che la rivista Lancet ha pubblicato uno studio per il quale anche un uso minimo di canapa indiana – anche un solo spinello – aumenta del 41% il rischio di esser vittime di malattia psicotiche come la schizofrenia.

Per i consumatori abituali, questo rischio sale a una percentuale che va dal 50 al 200%, dicono i ricercatori britannici, Theresa Moore (Universita’ di Bristol) e Stanley Zammit (Universita’ di Cardiff). I due hanno passato in rassegna i 35 studi piu’ recenti sull’argomento, osservando il legame tra cannabis e stati psicotici e notando “un aumento importante dei casi di psicosi tra le persone che usano questa sostanza“.

I ricercatori non escludono che ci siano altre spiegazioni per questo aumento delle patologie tra i consumatori di hascisc, “ma, malgrado le incertezze, il pubblico deve essere informato su questa droga molto diffusaâ€.

Lancet, nel suo editoriale, ricorda un suo commento pubblicato nel 1995 nel quale sosteneva che non c’erano rischi, neanche a lungo termini, legati al fumo della cannabis: “Ma i lavori pubblicati da allora portano a concludere che la cannabis accresce il rischio di malattie
psicotiche.


Ciao!

Vi riporto un articolo che sostiene una delle premesse della Terapia Breve relativamente ai disturbi d’ansia.

Quando siamo in ansia per un qualsiasi motivo, il parlarne ad altri ha efftti in sè paradossalmente negativi; all’inizio ci sembra che l’ansia passi, d’latronde parlando con gli altri ci sfoghiamo..

In realtà passa solo per qualche istante per poi ritornare più forte, e così per riabbassarla siamo obbligati a riparlarne con qualcuno creando un circolo vizioso che si ripete e si autoalimenta aumentando l’ansia.

A chi non è mai capitato? 

Quando proviamo ansia, parlarne contribuisce(come diciamo nelle terapie brevi) arendere il “fantasma che ci insegue” sempre più reale!Qui di seguito la ricerca dell’Università del Missouri,
Ciao!

RISCHIO ANSIA SE CI SI LAMENTA TROPPO CON AMICHE

ROMA

– Parlare, per ore e ore, al telefono, a scuola, giorno e notte, con l’amica del cuore: un copione comune a molte adolescenti, ma che potrebbe avere, a sorpresa, pesanti effetti collaterali.

Secondo una ricerca dell‘Università del Missouri, pubblicata sulla rivista ‘Development psichology’, le ragazze che parlano sempre dei loro problemi e preoccupazioni con gli amici sono più ansiose e depresse dei loro coetanei maschi. I ricercatori, guidati da Amanda Rose, hanno scoperto che le ragazze che ‘ruminano’, per così dire, più dei ragazzi, sono maggiormente soggette a questi disturbi. “Quando le teen ager parlano tra di loro – spiega Rose – spendono così tanta energia nel soffermarsi su problemi e preoccupazioni, che finiscono col sentirsi tristi e senza speranza, perché si trovano sempre di fronte ai loro problemi. Sintomi della depressione”.

Quanto all’ansia, il parlare continuamente le fa sentire più preoccupate dei problemi e delle loro conseguenze. “Tutto ciò può portarle – continua – a soffrire di depressione e ansia perché spendono in quest’attività tanto tempo, che invece potrebbe essere impiegato in attività più positive e che senz’altro riuscirebbero a distrarle. Cosa vera soprattutto per le ragazze che non riescono a tenere sotto controllo le cose”. Il lato positivo di questi rapporti così intensi, dice la psicologa, è che si “sviluppano amicizie molto forti. Tuttavia, nei maschi che fanno lo stesso non abbiamo riscontrato ansia e depressione. In generale parlare dei propri problemi è legato ad uno stato di benessere. Ma non se fatto in eccesso”. Moderazione dunque. “Gli adolescenti – conclude la ricercatrice – devono essere incoraggiati a praticare altre attività, come lo sport, che li aiutino a distogliere l’attenzione dai problemi”.

Fonte ansa.it 2007-07-16

 

Ciao!

Vi riporto una ricerca che sostiene uno dei principi base utilizzati in Terapia breve

Ciao!
Vi riporto una ricerca che sostiene uno dei capisaldi della terapia breve.
Quando infatti siamo in ansia per qualcosa, il parlarne ad altri ha in se effetti paradossalmente negativi; all’inizio ci sembra che passi, d’altronde parlando con gli altri ci sfoghiamo, in realtà passa solo per qualche istante per poi ritornare più forte e così per abbassarla siamo obbligati a riparlarne, creando un circolo vizioso che si ripete e si autoalimenta..

A chi è successo sa cosa significa esserci sfogati e sentire l’ansia che ritorna ancora più prepotentemente, parlarne insomma contribuisce a rendere il “fantasma che ci perseguita” sempre più reale..
Ciao
Manuel

RISCHIO ANSIA SE CI SI LAMENTA TROPPO CON AMICHE

ROMA

– Parlare, per ore e ore, al telefono, a scuola, giorno e notte, con l’amica del cuore: un copione comune a molte adolescenti, ma che potrebbe avere, a sorpresa, pesanti effetti collaterali.

Secondo una ricerca dell’Università del Missouri, pubblicata sulla rivista ‘Development psichology’, le ragazze che parlano sempre dei loro problemi e preoccupazioni con gli amici sono più ansiose e depresse dei loro coetanei maschi. I ricercatori, guidati da Amanda Rose, hanno scoperto che le ragazze che ‘ruminano’, per così dire, più dei ragazzi, sono maggiormente soggette a questi disturbi. “Quando le teen ager parlano tra di loro – spiega Rose – spendono così tanta energia nel soffermarsi su problemi e preoccupazioni, che finiscono col sentirsi tristi e senza speranza, perché si trovano sempre di fronte ai loro problemi. Sintomi della depressione“.

Quanto all’ansia, il parlare continuamente le fa sentire più preoccupate dei problemi e delle loro conseguenze. “Tutto ciò può portarle – continua – a soffrire di depressione e ansia perché spendono in quest’attività tanto tempo, che invece potrebbe essere impiegato in attività più positive e che senz’altro riuscirebbero a distrarle. Cosa vera soprattutto per le ragazze che non riescono a tenere sotto controllo le cose”. Il lato positivo di questi rapporti così intensi, dice la psicologa, è che si “sviluppano amicizie molto forti.

Tuttavia, nei maschi che fanno lo stesso non abbiamo riscontrato ansia e depressione.

In generale parlare dei propri problemi è legato ad uno stato di benessere. Ma non se fatto in eccesso”. Moderazione dunque. “Gli adolescenti – conclude la ricercatrice – devono essere incoraggiati a praticare altre attività, come lo sport, che li aiutino a distogliere l’attenzione dai problemi”.

Tempo fa leggevo un articolo relativo al compito dello psicoterapeuta in terapia e del cosa il paziente cerchi quando si rivolge a noi.

L’articolo diceva che il paziente richiede al terapeuta tre cose:

  1. La speranza di poter stare bene;
  2. Poter desiderare che stare bene sia possibile anche per lui;
  3. Trovare le risorse dentro di se per realizzare tutto questo.

A parte rari casi, le persone che vedo solitamente in seduta sono effettivamente carenti di queste componenti, hanno già passato terapie lunghe e costose oppure a volte vengono perché portati da altri(che di solito sono quelli che hanno il reale bisogno di aiuto..).

Molto spesso uso racconti, aneddoti, esperienze personali, prescrizioni paradossali etc..(dipende da caso a caso e da persona a persona) per produrre un cambiamento.

In questo caso l’aneddoto che voglio raccontarti proviene da un dialogo tra E.Rossi e M.H.Erickson e racconta l’esperienza che Erickson fece lottando contro la poliomielite all’età di diciassette anni (il secondo attacco lo ebbe all’età di 51 anni).

Nel seguente dialogo Erickson sì ricorda quella crisi della sua vita, e la propria esperienza di uno stato percettivo alterato, che successivamente riconobbe essere una sorta di autoipnosi.

Erickson la malattia e l’Autoipnosi

 

letto-erickso-miltonE: Quella sera, dal mio letto, udii per caso i tre medici dire ai miei genitori, nella stanza accanto, che il loro ragazzo non sarebbe arrivato al mattino.

Divenni furibondo all’idea che qualcuno potesse dire a una madre che il figlio sarebbe morto entro il mattino.

Poi mia madre entrò con l’espressione più serena che le riuscì di prendere.

Le chiesi di spostare il comò, spingendolo d’angolo contro il lato del letto.

Lei non capiva perché; pensava che stessi delirando.

Parlavo con difficoltà. Ma in quell’angolo, grazie allo specchio che sormontava il comò, riuscivo a vedere attraverso la porta e la finestra di ponente dell’altra stanza.

Non volevo a ogni costo morire senza aver visto un’ultima volta il tramonto.

Se avessi qualche attitudine al disegno, potrei ancora disegnarlo.

R: La tua rabbia e la tua voglia di vedere un altro tramonto sono state un modo di mantenerti vivo in quel giorno critico nonostante le previsioni dei medici. Ma perché la chiami un’esperienza autoipnotica?

E: Vedevo quel vasto tramonto che copriva interamente il cielo. Sapevo però che fuori della finestra c’era anche un albero, ma lo avevo escluso.

R: Lo avevi escluso? Si trattava di quella percezione selettiva che ti permette di dire che eri in uno stato alterato?

E: Sì, non lo facevo consciamente. Vedevo tutto il tramonto, ma non vedevo né la siepe né la grande roccia rotonda che c’erano.

Avevo escluso tutto, meno il tramonto.


tramonto-autoipnosi-strategicaDopo averlo visto rimasi per tre giorni senza coscienza.

Quando tornai in me chiesi a mio padre perché avessero tolto la siepe, l’albero e la roccia.

Non mi rendevo conto d’essere stato io a cancellarli quando avevo fissato tanto intensamente l’attenzione sul tramonto.

In seguito, quando fui guarito e divenni consapevole delle mie condizioni inabilitanti, mi chiesi come avrei fatto a guadagnarmi da vivere.

Avevo già pubblicato un articolo su una rivista agricola nazionale: “Perché i giovani abbandonano la campagna”. Non avevo più le forze necessarie per fare l’agricoltore, ma forse avrei potuto farcela come medico.

R: Diresti che è stata l’intensità della tua esperienza interiore, il tuo spirito e il tuo senso di sfida, a tenerti in vita perché potessi vedere il tramonto?

E: Certo ai pazienti con scarse prospettive diciamo: “Dovreste vivere abbastanza per farlo il mese prossimo. E loro lo fanno.”

(Milton H. Erickson, Opere vol. I, Astrolabio, Roma 1982, pp. 140-141)

Ciao

Manuel

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Ciao!

Questo è lo spazio “informale” di ipnosiStrategica.it

Qui puoi condividere esperienze e curiosità riguardanti l’ipnosi e le sue applicazioni.

Devi sapere che esistono diverse definizioni rispetto a cos’è l’ipnosi, come funziona, cosa può fare per le persone.

Molti tecnici dibattono sulla teoria e sulle applicazioni, se conosci la Programmazione Neuro Linguistica sai che la radice di questa disciplina è stato lo studio del più grande ipnotista del ventesimo secolo Milton H. Erickson.

Lavorando quotidianamente con l’ipnosi credo che la miglior definizione di cos’è l’ipnosi sia stata data da un artista marziale, che tutti conosciamo e che con Erickson ha molto in comune,:

  • entrambi hanno raggiunto risultati fuori dalla norma nel loro campo;
  • entrambi hanno studiato e applicato le loro scoperte rivoluzionando il proprio campo di studi;
  • entrambi hanno ispirato le generazioni a seguire;
  • entrambi consideravano il proprio lavoro un’arte..

Eccoti la definizione..

“L’arte raggiunge qualsiasi altezza quando è prova di auto-coscienza”
Bruce Lee

RIMANETE CONNESSI